Io sono convinto che verrà il giorno in cui, a forza di costatare che, in quasi tutti i torrenti, la resa della pesca a frusta avrà raggiunto un livello bassissimo, saremo costretti a praticare il nostro sport preferito su quelle acque tanto trascurate e snobbate: le cosi chiamate “acque ferme”. Gli inquinamenti e la grande proliferazione dei pescatori che, in pochi anni si sono moltiplicati per cento, sono i fattori principali della rarefazione dei salmonidi. I mezzi di locomozione a portata di tutte le tasche hanno certamente contribuito al depauperamento della nobile specie. Ai giorni nostri è ben raro catturare una trota indigena, cioè nata e vissuta nell’acqua ove è presa. La maggior parte delle nostre catture è costituita da trote seminate dai vari stabilimenti ittiogenici tramite i Consorzi Provinciali e i Comitati Regionali. Anche la vicina Jugoslavia, in altri tempi rinomata per l’enorme quantità di pesce pregiato, si è vista costretta a controllare entrata e uscita dei salmonidi, e deve solo alla sua oculatezza amministrativa se, ai giorni nostri, essa può ancora contare su di un afflusso turistico alieutico molto importante nella sua bilancia commerciale. Prepariamoci dunque a praticare una pesca a frusta, diretta alla cattura di una specie di pesce meno pregiata e, per fortuna, ancora molto numerosa; intendo parlare della pesca ai ciprinidi!
C’e un detto spagnolo che suona cosi: “En tiemqo de hambre no hay pan duro” che in lingua italiana significa “ in tempo di fame non si rifiuta il pane duro”. Questo proverbio se lo debbono mettere in testa tutti quei frustaioli che arricciano il naso al solo pensare di dover pescare con la frusta un solo pesce che non sia salmonide.
E parlando di ciprinidi a cui il primo premio di furberia spetta al cavedano, io direi che un uguale premio per la combattività spetta alla scardola. Questo simpatico ciprinide vive in acque quasi sempre ferme, ma lo si trova anche nei grandi fiumi e precisamente in quelle lanchette residue di grandi piene, ove l’acqua ristagna ed abbonda il canneto. Vive e si riproduce in quasi tutti i laghi di pianura e qui in Lombardia lo si trova in moltissime cave. E’ un pesce giocherellone e nervoso, pronto a ghermire tutto ciò che cade nell’acqua. Va in amore da maggio a tutto luglio, depone le sue uova alla base dei canneti e tra la poltiglia della vegetazione subacquea.
lo ho pescato per la prima volta le scardole proprio per puro caso. Mi trovavo col mio piroscafo in attesa di un carico di arachidi nel porto di Madras, sulla costa indiana del Malabar e un giorno, nel recarmi col taxi a vidimare i registri di bordo presso la nostra Agenzia Consolare, situata in periferia, tra il verde della campagna, notai che in un grande stagno costeggiante la strada, v’era una intensa attività tra le canne e tutta la superficie dell’acqua era costellata di bollate. È ovvio il dire che, il giorno dopo, di primo mattino, previo appuntamento col tassista, mi feci trasportare, munito di canna da mosca ed accessori, in quella località. Era uno stagno fitto di vegetazione subacquea intervallato da larghe fasce di ninfee circondate da canne palustri. Compresi subito che era difficile eseguire dei lanci, ma prima di arrendermi volli girare alla ricerca di qualche punto dello stagno più adatto al mio desiderio. Ritornai quindi in taxi e feci un giro di ricognizione lungo tutta la sponda dello stagno e finalmente decisi di fermarmi in un posto di vegetazione più rada. L’acqua era abbastanza chiara e, osservando il canneto, notai un esteso ondeggiamento di acqua e canne certamente provocato da un’enorme quantità di pesce in movimento. Per evitare che il pesce vedesse i miei movimenti, voltai le spalle allo stagno e, in tutta fretta annodai una Red Spinner, amo 14 al finale ed eseguii primo lancio, posando la mosca dove l’onda lambiva le ninfee. ln un baleno vidi la mosca succhiata da un bagliore di ventre argenteo; riuscii a malapena a domare la preda furiosa per pochi secondi; la vidi sgusciar fuori d’un balzo per ripiombare fulminea fra le ninfee. La lenza tenera e vuota mi indicò che il pesce s’era portata via la mosca. Dalla confusione e dal tramestio che si generò in quel tratto d’acqua, capii che avevo a che fare con dei pesci in frega. Attesi quindi che tutto si calmasse, riannodai una nuova Red e spostando il lancio il più lontano possibile dalle ninfee, ripetei la posa. Questa volta la “scossa” mi trovò pronto alla risposta e ciò impedì inesorabilmente alla preda di intrufolarsi tra le ninfee. Ci fu un po’ di gazzarra, con fuggi – fuggi generale e gracidio di ranocchi e di pesci in frega, ma alla fine guadinai una bellissima scardola dalla pancia larga che forse s’avvicinava al peso di un chilo. Era la prima volta che vedevo una scardola così grossa, ed era il primo pesce non salmonide che prendevo con la frusta. Subito dopo ne presi un altro paio della stessa statura con relativa facilità, ma dovetti smettere la pesca perchè l’indiano del taxi non ne volle sapere di assistere alla cattura e minacciò di lasciarmi a piedi se avessi ancora continuato a pescare. Gli indiani sono molto religiosi e considerano sacri tutti gli animali. Ho visto coi miei occhi dei contadini indiani mettere degli stecchi tra un solco e l’altro del campo in modo da fare da ponticello di salvezza alle cavallette superstiti, dopo un furioso acquazzone che le aveva alluvionate. E pensare che quelle cavallette gli avevano quasi distrutto tutto il raccolto! Quel giorno di pesca a Madras m’insegnò che non erano soltanto i temoli e le trote che si potevano catturare con la frusta. Il mio mestiere di navigante mi diede l’opportunità di pescare scardole in diverse parti di tutto il mondo e poiché la loro cattura mi risultò sempre facile mi costruii dei finali con mosche senza ardiglione che facilitano di molto la liberazione del pesce e non recano alcuna ingiuria alle sue labbra; il divertimento è lo stesso e si evita il rimorso di uccidere del pesce che non serve.
La confezione delle mosche non ha grande importanza, perché la scardola, specie nel periodo di frega, (in Italia da Maggio a tutto Luglio) aggredisce tutto ciò che le piomba nei pressi del canneto. lo sono convinto che si comporta così perchè cerca di proteggere la sua covata dall’assalto di insetti o di girini ghiotti delle sue uova. Per il colore delle mosche ritengo più redditizie mosche di colore scuro con gambo alquanto panciuto fatto con barbe di pavone con tre giri di tinsel argento oppure oro ed hackles grigie, l’amo deve essere del nr 14. Le mosche con amo a spillo senza ardiglione si possono costruire acquistando dai negozi di pesca le apposite “barrette” in acciaio marca DUBBIED. E’ più semplice però acquistare belle e pronte le mosche a spillo ossolane, del tipo più piccolo.
ll finale da me preferito e lungo m. 2,50 e si può costruire su queste misure: cm. 50 – 30 – 30 – 20 – 20-50-50. lniziare lo spezzone dell’asola col diametro 0,45 mm e via via degradare lo spessore in maniera che l’ultimo tratto di punta risulti dello 0,16 mm oppure 0,14 mm. Questo finale vale tanto per la pesca a mosca secca quanto per la mosca bagnata. Rende di più il finale a più mosche annegate; bisogna però cominciare con sole due mosche e poi allenarsi ben bene prima di sapere stendere 5 mosche bagnate. ll mio suggerimento è quello di usare al massimo 3 mosche distanti tra di loro 50 cm.
La pesca si effettua in vicinanza dei canneti; non appena effettuato il lancio, tenere la lenza sempre tesa; la punta della canna va tenuta bassa quasi a tuffare il cimino sotto la superficie dell’acqua e, dopo qualche istante della posa, ricuperare a scossette di mano sinistra, al massimo 3 metri di lenza. Si ripete quindi il lancio e per il richiamo si può fare una strisciata a ripetizione in modo da stuzzicare la curiosità del pesce. I lanci corti è meglio ignorarli. I lanci lunghi oltre i 10-1 2 metri rendono di più. ln ltalia i posti da Scardole sono per fortuna ancora molto numerosi. L’inizio si può notare all’epoca in cui la superficie dell’acqua si popola di quei noiosi fiocchi bianchi costituiti dai semi di pioppo. I posti di frega sono evidenziati da numerose bollicine d’aria prodotte dal movimento del pesce che strusciando sulla base delle canne, le smuove provocando l’uscita di gas. ln tale periodo si catturano degli esemplari intorno al mezzo chilo. E se per combinazione se ne attaccano due o tre di quella pezzatura, vi lascio immaginare la gazzarra !
Lo scorso anno, proprio all’inizio del periodo della frega, ho fatto provare l’emozione ad un amico socio del nostro club, un giovane abituato ad andare, almeno una volta all’anno a pescare il salmone in lslanda e in Scozia. Siamo andati sul lago di Varese e ne prendemmo e liberammo tantissime. L’amico alla fine si convinse che anche le povere scardole tirano forte sulla lenza specie se sono in due o tre. E per concludere, ad una mia richiesta circa la differenza tra i salmoni dell’lslanda e le scardole di Varese mi rispose: trovo convincente quel famoso detto spagnolo che: “En tiempo de hambre no hay pan duro”.
Aprile 1980
Il Comandante G. Ballarin