Questo è un articolo scritto molti anni fà da un nostro famoso socio: il Comandante Ballarin, un grande pescatore a mosca che ha saputo trasmettere a tanti di noi la sua passione per la pesca.
“Fin dall’epoca in cui imparai a pescare a mosca (anno 1935) uno dei miei crucci più insistenti era quello di cercare modifiche ed innovazioni sui finali. Non mi dilungo a descrivere gli innumerevoli cambiamenti che, in epoche successive, esperimentai per la ricerca di quel tipo di finale atto ad appagare il mio desiderio di trovare quello perfetto. Nella pesca con finali portanti più di una mosca, l’applicazione delle mosche intermedie deve essere eseguita in modo che il punto in cui il gambetto della mosca va annodato al finale offra il minor ingombro possibile e ciò per evitare prima di tutto l’attrito con l’aria e poi l’inconveniente di fare aggrovigliare tutto il gioco delle mosche. Detto attacco normalmente si fa applicando dei nodi sia al gambetto sia al finale. Questi nodi possono essere eseguiti in mille maniere; ogni nodo ha il suo carico di rottura, superato il quale, finisce la sua tenuta. Un dato di fatto però è certo ed è che: se il finale sarà sottoposto ad un carico di rottura superiore alla sua tenuta, esso si spezzerà proprio sul punto dove ci sono i nodi. Ciò è dovuto al fatto che il nylon è come il vetro e , a guisa di forbice, trancia sé stesso proprio nel punto in cui si stringe. La mia preoccupazione di creare un finale perfetto si è perciò indirizzata alla ricerca di un tipo di nodo con altissimo carico di rottura e minimo ingombro. Per limitare al minimo il numero dei nodi, ho preferito scegliere i finali senza nodi, quelli fabbricati con monofilo in nylon degradante che molte ditte inglesi e francesi producono con l’ausilio delle trafiliere. E veniamo ora al problema delle mosche intermedie. L’esperienza di tanti anni di pesca mi ha fatto constatare che su dieci catture di pesce, solamente tre sono quelle fatte dalle mosche intermedie; le altre sette sono pregio della mosca di punta. La ragione di questa forte disparità, secondo il mio parere, è dovuta al fatto che le mosche intermedie, il più delle volte si coricano e si arrotolano sul finale rendendosi poco invitanti all’abbocco del pesce. Ecco quindi la necessità di costruire un finale le cui mosche intermedie si mantengano bene staccate dal filo madre durante l’azione di pesca e in quella di recupero. Riepilogando quanto detto sopra si deduce che, quel famoso mio finale deve avere i seguenti due pregi: 1) nodi minimi e carico di rottura massimo – 2) mosche intermedie bene staccate dal filo madre con angolo quasi di 90 gradi. Il nodo da me scelto per attaccare le mosche al gambetto è senz’altro quello che noi in Marina chiamiamo “strangolino” o “bocca di lupo” (vedi disegno – figure 1 e 2). Esso è molto facile a farsi ed ha il più alto carico di rottura di tutti i nodi esistenti, perché moltiplica per due la resistenza del diametro del filo! Ha inoltre il vantaggio di tenere appesa la mosca a doppio gambetto (come le mosche Ossolane…) e di essere costituito dal medesimo filo del finale. Per ottenere i requisiti richiesti dal secondo pregio, faccio passare la mosca intermedia appesa allo strangolino attraverso un nodo a barilotto. Questo nodo ha un carico di rottura 87% ed è l’unico nodo le cui appendici di uscita formano un angolo di 90 gradi con la madre. Ora, con la vaga speranza di essermi spiegato in modo chiaro, vi descrivo qui sotto come deve essere costruito il mio finale.
· Lunghezza totale del monofilo degradante:cm. 250
· Spessore all’asola: mm. 0,30
· Spessore alla punta: mm 0,15
· Prima mosca intermedia: a cm. 100 dalla punta
· Seconda mosca intermedia: a cm. 50 dalla punta
Montaggio del finale: si incomincia infilando la punta del finale nell’occhiello della seconda mosca, si fa tornare la punta del filo nel medesimo occhiello dopo aver scavalcato la curva dell’amo; la mosca rimane così strangolata; la si fa quindi scorrere lungo il finale fino a giungere a 105 cm. dalla punta. Si riprende in mano la punta del finale, la si infila nell’occhiello della prima mosca intermedia, ripetendo l’operazione eseguita sulla seconda mosca intermedia, e la si fa scorrere lungo il finale sino a giungere a cm. 50 dalla punta. Infine si torna a prendere la punta del finale, la si infila nell’occhiello della mosca di punta e la si annoda col comune nodo ad asola. A questo punto si procede a fare, tanto nella seconda quanto nella prima mosca intermedia, un nodo a barilotto come mostrato nei disegni 3 – 4 -5 e 6, avendo cura di fare uscire dalla stretta del barilotto 5 o 6 cm. di gambetto doppio con relativa mosca. Io spero che, rapportato agli altri finali, quello da me creato avrà, se non altro, il vantaggio di evitare molte rotture e di tenere bene staccate dal filo madre tutte le mosche intermedie. Dalle prove pratiche finora eseguite sul fiume,ho avuto più soddisfazioni che delusioni. Affermare che con questo tipo di finale ho preso più pesci che con altri tipi, non posso, giacché mi manca la prova contraria e contemporanea. Ho solo il piacere di assicurarvi che la percentuale delle catture con le mosche intermedie ha quasi raggiunto la parità di quella delle mosche di punta.”